Con la sentenza n. 2514/2019 la Corte d’Appello di Milano ha fatto chiarezza in ordine alla natura delle polizze c.d. “decennali postume” e ai loro rapporti con il D.Lgs. n. 122/2005, che prevede e disciplina la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire.
Il caso: la vicenda in esame trae origine dalla domanda di garanzia e manleva svolta dalla società committente e venditrice di un complesso immobiliare nei confronti della compagnia di assicurazioni (rappresentata e difesa dagli scriventi) con cui aveva stipulato una polizza “decennale postuma” a copertura dei danni diretti causati al fabbricato di nuova costruzione.
Il Tribunale di Como – confermando il proprio orientamento in materia – rigettava la suddetta domanda ritenendo che, sebbene i vizi riscontrati nel corso delle operazioni peritali dovessero considerarsi gravi ex art. 1669 c.c., gli stessi non rientravano nel rischio garantito dalla polizza azionata, in quanto erano inidonei a determinare la rovina totale o parziale dell’opera, ossia gli unici eventi coperti dalla polizza medesima.
Avverso la sentenza di primo grado la predetta società proponeva appello, lamentando profili di nullità della condizione di polizza che delimitava l’oggetto dell’assicurazione, in quanto, trattandosi di garanzia “decennale postuma” prevista e disciplinata dal D.Lgs. n. 122/2005, i contenuti minimi di tale garanzia dovevano considerarsi imposti ex lege. In particolare, l’appellante deduceva che la determinazione dell’oggetto dell’assicurazione non poteva considerarsi rimesso alla libera autonomia delle parti, in quanto l’art. 4 del predetto D.Lgs. richiama espressamente i danni previsti dall’art. 1669 c.c. e, pertanto, tale norma rappresenta la fonte legale del contratto assicurativo; con la conseguenza che, mediante la stipula della polizza in questione, la compagnia di assicurazioni si era legalmente obbligata – ai sensi del citato art. 4 del D.Lgs. n. 122/2005 – a tenere indenne la Contraente da tutti i vizi e difetti riconducibili all’art. 1669 c.c..
La massima. La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto infondati i motivi di gravame come sopra proposti dalla società contraente la polizza e, al riguardo, ha ritenuto (i) che il Giudice di primo grado ha correttamente osservato che, in linea generale, non può esservi totale coincidenza tra i vizi che la giurisprudenza riconduce all’alveo particolarmente ampio dell’art. 1669 c.c. e quelli oggetto della garanzia assicurativa “decennale postuma”, essendo rimessa alla libera volontà delle Parti la determinazione del contenuto della garanzia medesima; (ii) che, pertanto, nel caso di specie non poteva ritenersi che il contratto assicurativo avrebbe dovuto mutuare il suo oggetto dal suddetto art. 1669 c.c., in quanto l’obbligo espressamente previsto dal D.Lgs. n. 122/2005 in merito al rilascio di una polizza decennale postuma a copertura dei vizi, tutti, rientranti nella previsione di cui al predetto articolo incombe, unicamente, in capo al Contraente (e non, già, anche nei confronti della compagnia assicurativa) e si traduce in un inadempimento del Contraente nei confronti del Beneficiario/Assicurato; (iii) che dal tenore letterale della condizione di polizza inerente all’oggetto dell’assicurazione appariva evidente che, nella fattispecie, le Parti avevano inteso obbligarsi nei limiti e nei termini indicati dalla condizione stessa (ossia in caso di rovina totale o parziale dell’opera); (iv) che, di conseguenza, non poteva ritenersi applicabile il meccanismo di sostituzione automatica di clausole previsto dall’art. 1419, II comma, c.c., poiché ciò determinerebbe un radicale mutamento dell’oggetto del contratto assicurativo, senza salvaguardare il “rapporto di sinallagmaticità delle prestazioni”, che non appare consentito dalla suddetta previsione codicistica né è previsto dall’art. 4 del citato D.Lgs.; (v) che, infine, non poteva neppure sostenersi la natura vessatoria della condizione di polizza in contestazione, in quanto la stessa atteneva all’oggetto dell’assicurazione e, quindi, aveva il solo scopo di specificare il rischio garantito e non, già, di limitare e/o escludere il medesimo.
Alla luce di tali statuizioni, quindi, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla società che aveva contratto la polizza “decennale postuma” ed – in accoglimento della tesi difensiva della compagnia di assicurazioni appellata – ha confermato integralmente la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Como.
Avv. Maurizio Orlando e Avv. Luca Grison – Lexat Tax & Legal Advisory